Evelina Rolandi è la moglie di Davide Oldani. Tra i due 11 anni di differenza. Si sono conosciuti nel 2009, si sono sposati il 17 marzo del 2014 e nello stesso anno, il 12 luglio, è nata la loro bambina, Camilla Maria. L’abbiamo incontrata a San Pietro all’Olmo, Cornaredo, dove ha origine il D’O, per capire cosa voglia dire essere la moglie dello chef pop più conosciuto d’Italia.
Chi è Evelina Rolandi?
Sono un mix tra mia figlia e Davide. Una percentuale di ciò che sei (30%) è dentro di te, il resto (70%) te lo da chi sta al tuo fianco. Credo che quello che vivi diventi. A giugno ho compiuto 40 anni e ho tirato le somme. Sono troppo buona alle volte, eccessivamente sensibile, amo dedicarmi agli altri, farli stare bene e poi sono maniaca dell’ordine, quasi al limite della psicopatia.
Cosa sognava di diventare da grande, quando era una bambina? E di cosa si occupa invece oggi?
Volevo fare l’architetto, mi sono iscritta alla facoltà, superai il test di ammissione a Genova ma dopo un anno la vita mi ha spinto verso altre direzioni. Grazie ad un caro amico, Giorgio, mi sono trasferita a Milano e ho seguito un corso con indirizzo moda, marketing e comunicazione. Da lì è partito tutto. Seguivo la comunicazione di un brand di orologi prima di conoscere Davide, ora sono il suo ufficio stampa, seguo i social, mi occupo delle public relation e di tutto quello che non è… “cucina cucinata”.
Con Davide Oldani come vi siete conosciuti?
Mi occupavo di eventi per il marchio di orologi di cui le dicevo, stavo seguendo l’inaugurazione di un monomarca. Davide non lo avevo mai visto prima anche se me ne avevano parlato bene e da mesi una mia amica continuava a chiedermi se volessi andare con lei a mangiare al D’O, occorreva prenotare settimane prima. Le rispondevo sempre allo stesso modo e cioè che io non avevo idea di dove sarei stata il giorno dopo, parallelamente però iniziai a leggere le sue interviste, parliamo di dieci anni fa e al momento di trovare uno chef per il mio evento ho deciso di contattarlo: mi piaceva il suo approccio pop. Organizzai l’appuntamento e ricordo come se fosse ieri che prima di uscire dall’ufficio (ero in ritardo, chiaramente!) dissi alla ragazza che lavorava con me che stavo andando a conoscere l’uomo della mia vita, anche se a mala pena sapevo che faccia avesse. Dopo l’evento, lui ha fatto il primo passo.
Come l’ha conquistata?
In quel periodo amavo correre ma quando lo incontrai la prima volta avevo la schiena bloccata, camminavo piegata a 90° quasi. Da lì in poi iniziò a scrivermi per sapere come stavo, mi sembrava strano tutto quell’interessamento, poi ho intuito che c’era qualcosa in più.
Chi è il più geloso dei due?
Io lo sono stata molto in passato, la nostra bambina mi ha dato l’equilibrio che mancava. Lui non lo è perché gli ho dato poche occasioni per esserlo: sono molto lineare. All’inizio però non ero per nulla tranquilla: è un uomo e il suo atteggiamento non aiutava. La donna quando è innamorata ha occhi solo per il suo compagno. Il resto è storia che tutti conoscete.
“Amo Evelina perché è dolce, io sono amaro”: dichiarò Davide ma è proprio così?
Si, assolutamente. Sono materna e dolce, lui lo è molto meno e amo questo di noi, i nostri contrasti, anche solo apparenti.
Che vuol dire essere la compagna di uno chef?
È una vita piena di gioie e di dolori. Facciamo cose bellissime, viaggi bellissimi, amo il mio lavoro e lui il suo ma poi c’è il risvolto della medaglia: lavora sempre e non c’è mai o quasi mai. La sera era per me il momento più difficile, quando avrei voluto averlo a casa con me per cena. Arriva all’1.30, alle 2.00 del mattino quando va bene e alle 6.30 è già sveglio, quando non è in viaggio. La nostra non è una vita classica, perché tutti lavorano e a pranzo non si vedono ma a cena ti ritrovi sempre. Noi no e non esiste un weekend che non sia in funzione del lavoro. Sia chiaro che è una fortuna che sia così. La bambina è una grande compagnia, adesso è in quell’età pazzesca che ha voglia di chiacchierare, guardare i film che piacciono a me. Ti abitui ad essere la moglie di uno chef, il tempo guarisce e sistema tutto.
Un difetto… un pregio.
Sono una sua collaboratrice ma sono anche sua moglie ed è difficile scindere le due cose. Un suo difetto? È troppo duro e rigido con sé stesso e con gli altri, pretende da sé il 100% sempre e lo stesso chiede al suo team. Un difetto che è anche un pregio, volendo! Lui però chiede solo quello che ti dà.
C’è un momento della giornata che è solo vostro?
La mattina quando non va via prestissimo o la sera tardi quando rientra e parliamo nel letto come due ragazzini. Io amo il momento della colazione, lui meno.
Poi è arrivata Camilla Maria. Quanto è difficile essere genitori oggi?
Tantissimo e anche se quello che dico può apparire come un luogo comune non sai mai cosa è giusto fare. Adesso lei fa così e io come faccio? È figlia unica per ora, il secondo figlio complica le cose a livello logistico ma le facilita per altre, l’esperienza ti rende forte. Sono una mamma molto apprensiva, la lascio vivere ma il mio pensiero va sempre a lei, forse perché per me è la cosa più bella del mondo. Essere genitori completa l’essere umano, anche se è impegnativo, poi dipende dalla bimba e dal suo carattere, lei ha una bella testa dura, tosta e ha delle uscite che ti fanno piegare in due dalle risate.
Nutrirsi è una nobile arte. Come avete affrontato lo svezzamento di vostra figlia?
Dandole sempre prodotti di stagione. Ho seguito pedissequamente la mia pediatra, bravissima, mi ha aiutato tanto. Mi sono limitata a introdurre gli alimenti come diceva lei, non ho mai sgarrato. Camilla Maria mangia tutto e alla carne preferisce i legumi.
Che papà è Davide?
Un papà. Ama perdutamente la sua bimba, fa del suo meglio per colmare certe assenze e anche lui come Camilla Maria si affida a me. Sento tante responsabilità addosso ma crescere non è mica questa roba qua? Davide ce la mette tutta anche se spesso non c’è, quando è con lei però il loro tempo è di qualità.
È la comunicatrice della coppia. Si sente in parte artefice del successo di Davide?
No, e ci tengo a mettere le cose in chiaro: era Davide Oldani prima che incontrasse me e tutto ciò che è oggi, è merito suo. Io lo appoggio, lo seguo, come ho scritto nella prefazione al suo libro. A volte mi fanno i complimenti e continuo a ripetere sempre la stessa cosa “fateli a lui”. Non è falsa modestia ma il genio è in lui, i contatti giusti sono i suoi ed è facile essere il suo ufficio stampa, tutti ti cercano e io spesso devo solo dire dei “no”. Chi fa ufficio stampa si ammazza per avere anche solo un articolo, a quei colleghi va tutta la mia stima. Grazie a Dio, Davide è stato bravo, molto. È un comunicatore nato, ciò che dice è pensato il giusto ma è molto spontaneo. Non potrei mai prendermi dei meriti che sono suoi. Io lo amo e sviluppo le sue idee… oltre non vado. Il ristorante non è pieno per merito mio.
Cosa pensa di aver portato “in dote” all’impresa di famiglia?
Adesso sono più presente, la bambina è cresciuta un po’. La mia dote? Fare tante cose insieme come ogni mamma e moglie che si rispetti. Ho portato la “colla” necessaria a tenere insieme tutto.
A proposito, chi cucina a casa?
Non ci siamo mai a dire il vero. Lui cucina poco a casa, giorni fa ho preparato un riso decente non mi metto però in competizione con lui! Il risotto lo faccio da sempre senza soffritto, non amo la cipolla, meglio l’acqua salata. Cucino cose basiche ad essere onesti.
Qual è il suo piatto cult per lei?
Lo spaghetto cacio e pepe, super al dente. Mi piace tanto anche un suo uovo poché con mela arrostita e marron glacé.
Ansia da prestazione. I vostri amici vi invitano mai a cena?
Si. Alcuni vanno lisci come l’olio perché sanno di che morte morire, tanti preferiscono non invitarci. Davide mangia come tutti ma è difficile che in casa qualcuno possa cucinare al suo livello.
Il successo più grande di suo marito qual è stato per lei? La stella, l’Ambrogino d’Oro, la carica di Ambassador a Expo, i suoi libri, il suo ristorante…
Il ristorante sempre pieno: è quello il vero successo che porta poi tutto il resto. La sua idea di cucina. L’Ambrogino certo è stato un bel riconoscimento ma è successivo a tutto ciò che Davide è stato in grado di fare in cucina. Lo hanno chiamato all’Università di Harvard non perché bravo a spadellare ma perché nel vecchio D’O i conti tornavano sempre. È stato studiato come caso economico non solo perché era un bravo cuoco. Adesso ha un bellissimo ristorante ma prima la cucina era piccola, quasi un bistrot potremmo dire e ha fatto i miracoli.
Cosa manca per la seconda stella Michelin?
Lo chiedo io a te, perchè non ti so rispondere. Evidentemente i tempi non sono ancora maturi, manca qualcosa e i ragazzi ce la stanno mettendo tutta. Hanno bisogno di crescere come sala, come cucina.
E se vostra figlia decidesse di seguire le orme del padre?
Nessun problema, non le vieterei mai di farlo, a patto che capisca quanto duro è il lavoro che l’aspetta, che poi è il tema caldo del suo ultimo libro “Le D’Onne lo sanno. La cucina, la famiglia, la vita”. Nove anni fa durante una intervista all’estero, la traduttrice travisò la sua risposta alla domanda sul perché avesse poche donne in cucina. In realtà perché arrivavano pochi curriculum di donne ma sembrava che Davide avesse dichiarato che le donne non ce la fanno a stare in cucina. Da quell’episodio è nato un libro dove Davide dialoga con 9 donne che ce l’hanno fatta in ambiti diversi dalla cucina, facendo un loro percorso di successo.
Non litigate mai?
Si certo, come tutti… è normale! Dice sempre che siamo due galli in un pollaio perché gli tengo testa. Discutiamo forse meno per lavoro, siamo allineati sotto quell’aspetto, nel personale si litiga per le cose banali.
C’è il suo zampino dietro il look di Davide?
Ad entrambi piace molto la moda, il vestire con un certo stile, che poi è semplicemente il nostro. Spesso combiniamo i nostri look ma non è assolutamente una mia creatura, ha le idee ben chiare. Con la giacca da chef è affascinante, in fin dei conti è una divisa e come tale è carica di charme. Adoro le sue giacche su misura.
Oserei dire che le coppie che lavorano insieme nella ristorazione funzionano alla grande, sbaglio?
No, non sbagli ma è impegnativo perché porti a casa tutto. Non potrebbe però essere diversamente da così o sei insieme e ti vedi per lavoro o non ti vedi più. Se lavorassi altrove sarebbe la fine perché non avremmo nulla da condividere, se non un ora la settimana.
La visibilità, l’essere “riconosciuti”, non ha mai minato in alcun modo la vostra serenità?
No, anche perché la nostra vita è tranquilla, quando vai in giro capita che ti chiedano una foto ma in modo discreto. Davide non è poi mica un attore di Hollywood. La gente non ha mai “dato fastidio”, fa piacere che ti riconoscano per quello che hai fatto. Giusto ammetterlo.