L’addio di Quadrio

ALBERTO Quadrio
ALBERTO Quadrio

E chi se lo aspettava? Che non avrebbe preso la Stella rossa lo scorso 23 novembre in Franciacorta? In pochi a dire il vero. Perché il ragazzo, Alberto Quadrio, è bravo, la squadra forte, la proprietà sana, la location nuova, divertente e ruffiana il giusto da strizzare l’occhio al resto del mondo. Perché per venir fuori dall’estremità sud della Valsesia devi essere bravo forte. Altrimenti non ne esci.

Eppure, con il senno di poi, la scelta della Michelin di non assegnare il macaron (fortemente cercato, inutile negarlo!) dal giovane Alberto Quadrio è stata quanto mai la decisione giusta. Per il suo bene, per il bene dello chef. Che sarà, si farà e brillerà ma non lì.

ALBERTO QUADRIO

Alberto Quadrio era e lo sarà ancora l’astro nascente di Gattinara (in provincia di Vercelli) ma non più lì. Non più da Cucine Nervi. Non più alla corte del maestro Conterno, uomo di vino, nome di spicco nelle Langhe che in piena pandemia ha scelto di partire con il progetto Nervi, andando a produrre Nebbiolo, in un pezzo di Piemonte difficile, parliamo di una superficie complessiva di 27 ettari nei vigneti Casacce, Garavoglie, Molsino, Ronchi e Valferana, per nulla meta degli habitué dell’alta ristorazione.

Non siamo mica nelle Langhe, questo è chiaro a tutti, anche a chi non è pratico del settore. Vero?

DI CONTERNO

Di Conterno è il Barolo più cercato, ma non più lo chef più apprezzato dagli addetti ai lavori. Perché una simile debacle a pochi mesi dall’apertura dopo un investimento importante? Conterno ha ricostruito completamente la storica cantina, facendo seguire i lavori all’architetto Gian Carlo Primatesta. E di pari passo ha fatto partire di fronte un progetto gastronomico che non ha avuto bisogno di grosse Pr per colpire nel segno. Negli occhi ho ancora il grande tavolo di Kauri, uno spettacolare legno fossile con 48000 anni di storia, che circondava la cucina, completamente a vista.

Cosa abbia portato il giovane allievo di Alain Ducasse a spegnere definitivamente i fuochi in Corso Vercelli 117, mentre disegnava l’ennesimo ammennicolo che avrebbe impreziosito un servizio già di per sé superiore alla stragrande maggioranza delle sale piemontesi, non spetta a noi dirlo che in quel ristorante ci siamo finiti da addetti ai lavori o da clienti.

Ma dovrebbe far pensare. A quanto difficile oggi sia il mondo della ristorazione. A quanto importante sia il denaro, come anche la passione, carburante che, in questo caso, non è stato capace di tenere accesi i motori di una cucina della quale oggi tutti ci sentiamo un po’ orfani. A quanto importante sia la squadra, di sala e di cucina… anche, per carità. Ma ancor prima di tutto a quanto determinante sia che una proprietà e il suo chef parlino la stessa lingua, navighino nella stella direzione e ricerchino gli stessi risultati.

La chiusa non può che avere il sapore di un brindisi. Anche se un po’ amaro. Ai futuri e immancabili successi, chef!