Birra: un solo nome, diversi colori

[quote_box_left]Bionda, Rossa, Scura…ma che sia una buona birra![/quote_box_left]

Negli ultimi anni i consumi di birra in Italia hanno raggiunto una percentuale che, pur non essendo pari a quella riguardante il vino, merita sicuramente una nota di riguardo soprattutto nella prospettiva futura di un numero ancora più crescente di estimatori di quella che è la bevanda alcolica più diffusa al mondo fin dall’antichità. Infatti sembra che la diffusione della birra sia coeva a quella del pane: poiché le materie prime erano identiche per entrambi i prodotti, era semplicemente una questione di proporzioni, ossia, se si impiegava una maggior quantità di farina rispetto a quella dell’acqua e si lasciava fermentare, si otteneva il pane; se le quantità erano invertite, dopo la fermentazione si otteneva la birra. Si hanno testimonianze di produzione della birra già dai tempi dei Sumeri e proprio in Mesopotamia sembra sia nata la professione del birraio.

Nella cultura mesopotamica la birra aveva anche un significato religioso e sembra che venisse bevuta durante la celebrazione dei funerali sia per onorare i defunti, sia come offerta alle divinità per propiziarsi il loro benefico influsso. La birra aveva uguale importanza nell’antico Egitto, dove la popolazione la beveva addirittura dall’infanzia, considerandola non un semplice alimento ma ancor più una medicina: infatti, quando le madri non avevano latte proprio, ai neonati veniva somministrata una birra a bassa gradazione diluita con acqua e miele. Anche per gli Egizi la birra aveva un carattere mistico ma si differenziavano dai Babilonesi, che la producevano in modo più artigianale, poiché la loro era una produzione più industriale.

La birra si produce attraverso la fermentazione alcolica di zuccheri derivanti da fonti amidacee con ceppi di “Saccharomyces cerevisiae” o “Saccharomyces carlsbergensis”; la fonte più usata è il malto d’orzo, cioè l’orzo germinato che viene poi essiccato.

Per produrre la birra il malto viene immerso in acqua calda e, grazie all’azione di enzimi presenti nella radichetta che si forma durante la germinazione, gli amidi sono convertiti in zuccheri e si ottiene un mosto zuccherato che può essere aromatizzato con delle erbe aromatiche, con della frutta o più comunemente con il luppolo. In una fase successiva viene aggiunto un lievito che innesca la fermentazione e che comporta la formazione di alcool e anidride carbonica, la quale viene maggiormente espulsa insieme ad altri prodotti di scarto derivanti dalla respirazione anaerobica dei lieviti. In questo processo si utilizzano sia ingredienti che metodi produttivi diversi: il tipo di lievito ed il metodo di produzione usati consentono di classificare le birre in “ale”, “lager” o a fermentazione spontanea.

Oggi, in Italia, si assiste ad un continuo apprezzamento di questa bevanda ed il dato che colpisce positivamente è che, oltre agli uomini, anche il gentil sesso si sta lasciando conquistare, con il passare del tempo, dal consumo di una buona bionda o rossa o scura. Sarà perché è più leggera, in termini di calorie, rispetto ad un calice di vino da gustare in compagnia ma le statistiche dicono che ben il sessanta per cento delle italiane beve birra e molte di loro sono delle vere intenditrici. E’ ben evidente quindi un processo di gusto che, di anno in anno, sta cambiando e sta coinvolgendo sempre più il pubblico femminile, un pubblico che viene richiamato soprattutto dalla molteplice varietà di aromi proposti in particolar modo dai birrifici artigianali; trattasi di aromi che non propongono più un prodotto dal sapore solo e semplicemente amarognolo, in grado da sempre di attrarre un gran consumo da parte di consumatori uomini,  ma anche dal sapore tendente al dolce che sta avendo un gran successo da parte di consumatrici donne, le quali non si limitano più, come in passato, ad acquistare la birra per i consumi familiari dei propri uomini in modo generico e quasi casuale ma sono interessate ad una scelta molto più attenta, sia nella quantità più ridotta, sia soprattutto nella qualità e quindi nei principi nutrizionali contenuti nei vari tipi di birra. Oltre ai birrifici industriali, oggi nascono ogni anno anche quelli artigianali, localizzati specialmente in piccole realtà territoriali e che utilizzano molto gli ingredienti naturali provenienti dal territorio di loro appartenenza; a differenza di quelli industriali, quindi, non utilizzano degli additivi conservanti e stabilizzanti il prodotto finito. Le birre prodotte con tecniche artigianali si distinguono, pertanto, dal punto di vista dell’esame organolettico e, specificamente, dalla presenza di lieviti attivi che le rendono un alimento vivo che si evolve nel tempo: infatti, se il tipo di birra lo consente, è possibile un invecchiamento in cantina anche per alcuni anni.