Uemè, il ristorante dove la mixology ispira ogni piatto 

“La felicità è un cocktail ben miscelato”, pare abbia detto il regista Luis Buñuel con la consapevolezza di chi apprezza la sottile alchimia del bere. Ma cosa succede se il cocktail diventa il centro dell’esperienza gastronomica e non solo il suo accompagnamento? Accade da Uemè, a Lecce, un ristorante che ribalta le regole del pairing e mette il cocktail al centro del piatto, con la pizza e la cucina che seguono, adattandosi ai sapori e ai bilanciamenti del bere miscelato.

Il nome Uemè deriva dall’espressione salentina “Ué Mesciu”, un modo colloquiale per salutare con rispetto un maestro, colui a cui cioè si riconosce una certa sapienza artigiana; ed è proprio sulla maestria che si basa questo progetto: quella del pizzaiolo Paolo Bruno, dello chef Fabio Tafuro e del bartender Lorenzo Petrosillo, uniti per creare un’esperienza pensata come un dialogo tra cucina e mixology. Qui, la pizza non è solo un disco di impasto condito, ma un veicolo per raccontare ingredienti e sapori in equilibrio con il cocktail che lo accompagna.

Dal ristorante al cocktail bar: l’evoluzione del pairing

L’idea di abbinare cocktail al cibo ha iniziato a prendere piede nei primi anni Duemila, grazie all’ascesa della mixology e al desiderio di trovare alternative al vino nei ristoranti. Dry Milano è stato uno dei primi locali italiani a esplorare il concetto di pairing cocktail & pizza, ma già negli Stati Uniti e nel Regno Unito la tendenza aveva preso forma in ristoranti e bar speakeasy di alto livello.
Se inizialmente si trattava di trovare cocktail che si sposassero con il piatto, oggi la visione si evolve: il cocktail diventa il protagonista e il cibo è studiato per seguirne la struttura, l’intensità aromatica, la freschezza o la persistenza. Quella di Uemè è una filosofia che, nella mia percezione, porta l’esperienza gastronomica a un nuovo livello, lasciando che sia appunto il cocktail a dettare le regole del gioco.

La filosofia di Uemè: cocktail e cibo in equilibrio perfetto

Fondato da quattro amici pugliesi, Francesco Vizzino, Stefano Ribezzi, Andrea Mingolla e Paolo Bruno (il pizzaiolo) con background diversi ma uniti dalla passione per la loro terra e la gastronomia, Uemè si basa su ricerca e sperimentazione. La selezione degli ingredienti avviene con un’attenzione scrupolosa, dalle farine per gli impasti ai prodotti artigianali della filiera italiana, ma non solo. La vera innovazione però, a mio avviso, sta nel modo in cui le ricette sembrano costruite intorno ai cocktail.  Questo percorso è stato affinato con la consulenza dello chef Alfredo De Luca che dalla Taverna del Porto in quel di Tricase, focalizzata su pescato locale e cucina mediterranea, porta la sua visione gastronomica in un contesto di mixology raffinata, contribuendo a sviluppare un concept unico e distintivo per il ristorante.

Durante una serata da Uemè, l’esperienza di degustazione segue questo filo conduttore, con ogni piatto pensato per esaltare il drink in accompagnamento.

Un viaggio tra sapori e territori

Il menu di Uemè è una mappa sensoriale che attraversa ingredienti di qualità, materie prime selezionate e un gioco divertente di consistenze e sapori apparentemente “distanti”. Si percepisce chiaramente il legame con il territorio pugliese, che dialoga con influenze più ampie, dal Mediterraneo fino a suggestioni orientali e contaminazioni contemporanee. La croccantezza si alterna alla cremosità, le spezie incontrano il comfort food, le acidità agrumate bilanciano la ricchezza dei latticini, e ogni elemento è studiato per entrare in armonia con la mixology. Questo approccio permette a ogni piatto di essere non solo un assaggio, ma un’esperienza che evolve al palato e si intreccia con il cocktail abbinato.

La cena degustazione è iniziata con una selezione di antipasti intriganti, tra questi alcuni hanno suscitato in me una particolare curiosità e sorpresa, rivelandosi un assaggio perfetto della filosofia del ristorante. D’altronde, l’apprezzamento di un piatto è sempre un’esperienza soggettiva, influenzata probabilmente da ricordi, preferenze personali e piccoli dettagli che parlano al palato in modi inaspettati.

  • Pinchos – Una bruschetta con tartare di vacca, salsa di mandorle, maionese di capperi e puntarelle in agrodolce. Un piatto dal bilanciamento perfetto: la sapidità della carne incontra la dolcezza della mandorla e la punta amaricante delle puntarelle, che lasciano in bocca una voglia irresistibile di un altro morso.
  • Notti d’Oriente – Polpette di ceci alle spezie con salsa di melanzana arrosto e maionese di soia alle erbe mediterranee. Qui il gioco sta nel contrasto tra la cremosità della salsa e la speziatura intensa della polpetta.
  • Poppy Pig – Un arancino di riso con paparine aglio, olio e peperoncino, pomodoro secco, ragù bianco di maialino alle erbe e caciocavallo fondente. Un boccone intenso, avvolgente, che richiama le radici pugliesi ma le eleva con una costruzione di sapori quasi sofisticata.
  • Bollywood – Rolls fritti di riso al curry con salsa yogurt, cocco, lemongrass, sesamo e cavolo viola marinato agli agrumi. Un viaggio sensoriale tra India e Mediterraneo, dove le note agrumate e speziate si rincorrono in bocca.

Gli ultimi 3 piatti sono stati abbinati al cocktail Fusettone, un mix di Fusetti bitter e soda al pompelmo, che con la sua freschezza e nota amaricante ha esaltato la complessità speziata e le texture croccanti e cremose degli antipasti.

Le pizze: quando l’impasto segue il bicchiere

Se gli antipasti hanno introdotto il concetto, le pizze hanno sancito il ribaltamento della prospettiva. Ecco alcune delle creazioni più sorprendenti della serata:

  • Camouflage – Fiordilatte, blu di bufala, carciofo brindisino, pancetta tesa, chips di carciofi, polvere di liquirizia e menta. Cocktail in pairing: Elisir (Distillato EVO, tequila olive, santoreggia cordial). Qui la sapidità del blu di bufala e il tocco balsamico della menta e della liquiriza trovano un perfetto contrappunto nella struttura erbacea e leggermente amara del cocktail.
  • Margherita – Pomodoro San Marzano BIO, fiordilatte, Parmigiano Reggiano, basilico, olio EVO. Cocktail in pairing: San Basil (Tanqueray, cordiale al basilico, Verjus). Un abbinamento che esalta la semplicità, con il gin e il basilico a riprendere le note fresche e mediterranee della pizza.
  • Riturnella – Fiordilatte, spianata piccante, patate mpacchiuse, salsa di pomodoro d’inverno, fonduta di caciocavallo silano, cipolle fritte. Cocktail in pairing: Al Pacino (Gin al burro d’arachidi, cordiale di basilico, Verjus). Un mix esplosivo di consistenze e contrasti, con la dolcezza delle patate e il croccante delle cipolle che trovano nel gin burroso e nel basilico un’inaspettata armonia.

Il gran finale: dolci e freschezza agrumata

A chiudere la serata, i dessert Ecstasi e Gola, accompagnato il primo dal Clementino, un cocktail divertente e rinfrescante a base di gin, mandarino, limone e soda. Il perfetto epilogo per un percorso che ha ribaltato ogni regola.

Uemè è un luogo che sorprende, che sfida la logica tradizionale del pairing e la riscrive secondo le proprie regole. Qui la mixology non è un complemento alla cucina, ma la sua guida. E se la felicità è davvero un cocktail ben miscelato, allora da Uemè si trova un’armonia piacevole tra gusto, ricerca e sperimentazione.