Arrivederci commissario Ömer

Black Money Love esce dal catalogo Netflix, tempo fino al 31 gennaio per guardare la serie che ha fatto battere il cuore di mezzo mondo. 

Dal 1° febbraio prossimo non sarà più possibile guardare su Netflix Black Money Love, una delle serie turche di maggior successo di sempre, campione storico di vendite all’estero, praticamente sempre in cima alle classifiche di Netflix, fra le primissime serie ad aprire la strada delle vendite estere alle produzioni turche. Quindi, se ancora non l’avete vista e volete correre il rischio di innamorarvi perdutamente del “komiser” più audace e romantico mai scritto, mettetevi di buzzo buono e preparatevi a fare l’alba. Già perché parliamo di centosessantaquattro episodi (nella versione “spezzettata” proposta da Netflix, in realtà nasce con 54 episodi ), in cui l’ispettore Ömer Demir tra inseguimenti tra le vie di Istanbul e innumerevoli bicchieri di çay (il tè turco) deve tenere testa a colpi di scena, tempeste interiori devastanti e una storia d’amore “incondizionato” che scivola fra alti e bassi, battibecchi e riavvicinamenti, incomprensioni e riappacificamenti, neanche fosse la più emozionante delle montagne russe. Insomma, resistere alla tentazione di premere su “prossimo episodio” è pressoché impossibile. 

Un mix vincente

Probabilmente, proprio l’intreccio di generi che la caratterizzano – un po’ crime, un po’ drama (sennò non sarebbe una dizi) un po’ romcom, efficacemente definita un “racconto epico della vita turca contemporanea” –  potrebbe essere la chiave del successo della serie che ha come protagonista uno degli attori più talentuosi e carismatici provenienti da quelle latitudini, mister Engin Akyürek, il cui fandom internazionale si è mobilitato nella speranza che Black Money Love possa tornare disponibile su Netflix. Chissà, magari dopo la stessa operazione di “restauro” che la casa di produzione Ay Yapim ha fatto degli episodi, tornati in HD su YouTube.
Al fianco del magnetico Akyürek, un altro nome amato dal popolo delle dizi, la raffinata Tuba Büyüküstün, conosciutissima in Italia per essere stata diretta da Ferzan Özpetek nel memorabile Rosso Istanbul. A completare il cast uno stuolo di attori che hanno ben caratterizzato i rispettivi personaggi: come non citare Ahmet Tansu Taşanlar, nei panni dell’amico ispettore Arda o Saygın Soysal bravissimo a interpretare il duale Metin o ancora Erkan Can che ha dato vita all’incarnazione del male, Tayyar Dündar.
Unica serie turca, peraltro, ad essere stata girata anche in Italia, a Roma, quasi a voler sugellare definitivamente il legame fra le due antiche capitali imperiali, e chissà forse proprio per questo le riprese in esterna che scandiscono i cambi di scena inquadrano ora il Bosforo, che divide fisicamente Oriente da Occidente nella  “città dei due continenti”, ora l’acquedotto di Valente, simbolo superstite invece dell’antico legame con Roma. 

La storia

La storia in breve e senza fare spoiler? Prendo in prestito una frase delle due sceneggiatrici, Sema Ergenekon e Eylem Canpolat (firme delle più celebri dizi): “In una notte, due mondi distanti che non si sono mai conosciuti vengono legati insieme da un nodo invisibile. Mentre Ömer ed Elif cercano di sciogliere questo nodo, si legano l’uno all’altra”.  Come non premere su “riproduci”? Più prosaicamente, ma sempre senza svelare dettagli chiave, la storia parte da un duplice omicidio nel quale perdono la vita, freddati entrambi da un colpo di pistola alla testa, due persone appartenenti a due mondi sideralmente diversi: Sibel Andaç, maestra elementare, fidanzata innamorata, figlia devota di una famiglia poverissima che fa i conti con stenti e malattia e Ahmet Denizer, esponente invece della Istanbul più facoltosa, ricco imprenditore, dal tenore di vita diametralmente opposto. Che ci facevano insieme nella stessa auto? Partono da questa domanda le indagini condotte dalla “migliore squadra di investigatori di tutta la Turchia”: gli ispettori Arda Çakır e Pelin Serter, capitanati da Hüseyin Demir, fratello maggiore del nostro “komiser” che ama come un figlio, entrambi legati da un amore profondo radicato e cresciuto all’ombra della morte del padre, ammazzato nel suo laboratorio da orafo nel Gran Bazar, quando erano ancora piccoli. Vivono in uno dei quartieri più poveri di Istanbul, insieme alla madre Elvan, alla “yenge” Melike, moglie di Hüseyn e ai loro due figli Demet e Hasan. Abitano in una catapecchia cadente, fredda e umida che però grazie alla presenza di Elvan, madre, nonna, suocera dolcissima quanto giudiziosissima e imparziale, anche quando si tratta dei figli, trasmette un calore famigliare che avvolge. 

Un duplice omicidio, un amore

Il duplice omicidio, dunque. Al ritrovamento dei due corpi si trova casualmente anche Ömer, di stanza a Van, dove è stato appena premiato per aver sgominato l’ennesima banda criminale dedita al traffico dei bambini. È tornato a casa come premio, per stare un po’ con la famiglia, con gli amici dell’Accademia di Polizia, Arda e Pelin, e la sua fidanzata. E chi è la sua fidanzata? Precisamente la stessa donna ritrovata con un buco in fronte accanto a uno sconosciuto. Guardate la scena del ritrovamento e poi ne riparliamo, praticamente perfetta: per fotografia, regia, montaggio, musica e ovviamente per l’interpretazione di Akyürek. Ah, e lui non dice una sola parola!
Ma chi è l’uomo misterioso al volante dell’auto dove sono stati ritrovati i due corpi senza vita?
È il padre di Elif Denizer, interpretata da Tuba Büyüküstün. Ed è esattamente qui che le vite di Ömer ed Elif si incrociano. Ed è esattamente da qui che partiranno entrambi per indagare alla scoperta dell’assassino, portando a galla intrecci insospettabili di corruzione, avidità, traffici illeciti. Una storia d’amore al contrario, insomma, come l’hanno definita le due sceneggiatrici: “Nel nostro mondo, in cui vivono milioni di persone, è un miracolo che due persone pulite si trovino. Ma a volte questo miracolo arriva quando si è più tristi, quando si pensa che la propria vita sia finita. Non si è consapevoli del paradiso che c’è nel proprio inferno. Tutte le storie d’amore iniziano con un’emozione”. Ecco come inizia l’amore quasi leggendario fra Elif ed Omer che, pur appartenendo a due mondi opposti, sono accomunati da un cuore puro.

Bugie&Verità

Entrambi generosi, farebbero qualunque cosa per le persone che amano e per la propria famiglia. Elif è una designer di gioielli, è una ragazza bellissima, ama il cinema, l’arte, vestirsi ai mercatini e vivere in Italia, a Roma, appunto.  Ömer, idealista, di sani principi, legato alla famiglia almeno quanto è attaccato al lavoro che svolge con abnegazione e brillantemente, appare forse un po’ ingenuo nel suo ottuso rifiuto delle bugie. Avrà tempo i capire, crescendo a suon di disgrazie, che nessuno è esente da questo peccato. Mentire fa parte della natura umana e spesso si è costretti a farlo anche come forma di protezione. E infatti la serie, il cui titolo turco è Kara Para Aşk (amore e denaro sporco) inizialmente venne annunciata inserendo la parola “bugia” (Kara Para Yalan Aşk), poi si optò per il nome che conosciamo. 
Intorno ai due protagonisti principali, si svolgono le storie parallele di numerosi personaggi, ad alcuni dei quali è affidato il ruolo del cattivo. Ma in tutta la serie c’è un filo rosso che lega le storie che si toccano e si intrecciano le une alle altre, che è ben riassunto dalla frase che Elif dice alla sorella Aslı dopo che Ömer ha annullato il matrimonio pochi minuti prima della cerimonia: “Pensi di conoscere una persona che poi si rivela diversa”.  Tutti i personaggi in fondo si riveleranno diversi dall’apparenza iniziale, che forse è la cifra con la quale siamo chiamati a misurarci tutti noi con la contemporaneità: mostrarci diversi da quel che siamo. Ed è forse questo a rendere questa storia universale, nella quale non si fa fatica a immedesimarsi, ora in uno ora nell’altro, quanto meno a sentire empaticamente le difficoltà dei personaggi o a porci la domanda “Io cosa avrei fatto?”


Un gioco di squadra

La forza di questa serie risiede in un incredibile gioco di squadra: la storia è scritta magnificamente, anche se non manca qualche imperfezione narrativa, con numerose citazioni filosofiche e poetiche a scandire i dialoghi più emozionanti; racconta benissimo la quotidianità della periferia urbana di Istanbul, le tradizioni, gli usi e i costumi di un popolo che in molti hanno conosciuto proprio attraverso le dizi ( in tanti proprio con questa serie), e mostra i due lati opposti di una megalopoli come Istanbul affascinate e ricca di storia, quanto di contrasti e contraddizioni; la musica, elemento determinante, è opera di quel genio di Toygar Işıklı che sa sempre trasformare l’umore della storia in melodie e temi che ti entrano in testa; propone (evviva!) figure femminili forti, non solo Elif apparentemente fragile, ma sicuramente una donna combattiva, moderna, ambiziosa e che dire di mamma Elvan? Impossibile non applaudire le sue prese di posizione e la sua modernità di pensiero; e poi la recitazione di un po’ tutto il cast, con punte di grande intensità e credibilità: come non citare Burak Tamdogan e la sua abilità nel dare forma al tormento e alle contraddizioni di Hüseyin?
Ma qui concedetemi qualche parola in più per lui, mister Akyürek, che ha reso iconico il komiser  con i suoi scatti di ira e la dolcezza, l’idealismo e la brillante intelligenza investigativa, che svanisce ahilùi davanti al cuore; il senso profondo di amicizia e lealtà; l’audacia dell’eroe puro che incarna in chiave contemporanea il dissidio romantico fra ideale e reale; gli improbabilissimi maglioni di lana, il giacchetto di pelle nera come la sua barba e i suoi occhi orientali “color caramello” che ci hanno regalato sguardi capaci di dire più di mille parole. E le lacrime alternate alla sua ironia. Un personaggio scritto appositamente per Engin Akyürek, come ebbero modo di spiegare le due scrittrici in occasione del lancio: “Per noi Engin era già Ömer fin dalla stesura della sceneggiatura. Non poteva essere nessun altro”.  Insomma, un personaggio pensato per lasciare il segno, così come la storia che racconta.

Un pubblico internazionale

Una storia che a dispetto dei suoi dieci anni di vita è ancora attualissima e gradevolissima da guardare (e riguardare…) capace di scalare ancora le classifiche delle serie più viste ora in questo paese ora in quell’altro, ma anche di spingere all’endorsement pubblico celebrità del calibro di Barbra Streisand a cui hanno fatto eco, negli anni, personaggi famosi tra cui l’atleta rumena Nadia Comaneci e il calciatore Lionel Messi. Anche qui in Italia non mancano appassionati “insospettabili”, come dimostrano le stories Instagram del presidente della Biennale di Venezia Pierfrancesco Buttafuoco, rilanciate su tutti i social dal fandom di Akyürek al grido “Uno di noi!”.
Insomma al komiser è impossibile resistere.

Numeri e curiosità

La prima puntata è andata in onda il 12 marzo 2014, data non causale, chi l’ha vista sa.
Secondo un articolo dell’epoca, dietro le quinte ha lavorato un team di 120 persone; hanno preso parte 7.236  comparse;  sono state scritte 5.130  pagine di sceneggiatura; sono stati indossati 3.908 costumi, sono stati utilizzati 896  gioielli; sono state utilizzate 86 canzoni e  le riprese sono state effettuate in 1.512 luoghi diversi; la squadra di Kara Para Aşk  è andata a Roma 3 volte per le riprese  e ha girato 132 ore. Elif chiama Ömer “komiser” 142 volte mentre Ömer chiama Elif “sinyorina” 180 volte;  Hüseyin ha chiamato Ömer “edem”  270 volte, mentre Pelin ha detto “Allah Arda” 32 volte. 
Potrei aggiungere il numero di volte che l’ho guardata io, ma ho perso il conto. E no, non sono l’unica, in tutto il mondo. Black Money Love sembra essere proprio nata per essere riguardata. All’infinito.
Provare per credere.